Finita la visita Flavio rientrò in ufficio per sbrigare le ultime faccende prima do potersi dedicare al week-end, nonostante i mille pensieri che gli frullavano in testa. Gloria era molto strana, quasi pazza più del solito, ma aveva pronunciato una frase diversa dalle solite. Come se qualcosa stesse cambiando.
“Il tempo passa, la mente tace, scordar di lui non son capace.”
Che voleva dire con questa frase, chi era quel lui, suo marito o l’assassino di suo marito.
Gloria sarebbe stata l’unica in grado di identificare quella persona, ma in quello stato e dopo lo choc, sicuramente nessuno le avrebbe creduto. Molti, per di più, pensavano che lei stessa avesse ucciso il marito, e che la pazzia fosse un modo per poter evitare la galera o il processo.
La dinamica della morte di Saverio era ancora avvolta nel mistero. Gloria avrebbe potuto essere l’assassino, ma anche una persona invisibile, il problema era che non esistevano prove o testimonianze se non nella mente e nei ricordi di Gloria, che ormai sembrava essere completamente andata.
Accompagnato da questi pensieri Flavio rientrò in ufficio. Erano quasi le quattro, alcuni impiegati se ne erano già andati.
Risalendo le scale incontrò Ada che stava scendendo per andare al bar.
“Flavio, hai una sorpresa appena risali.” Disse la donna con voce tranquilla e allegra, quasi a modo di sfottò.
L’uomo si fermò sulle scale, indeciso se continuare a salire o andarsene. Ada colse l’esitazione dell’uomo. Aveva capito che dopo l’incontro di quella mattina e la visita a sua sorella, Flavio non avrebbe retto un altro incontro di lavoro, soprattutto pesante ed invadente.
“Tranquillo, ti piacerà… almeno credo” concluse la donna, mentre scendeva, lasciando dietro di sé la sua voce con un tono quasi scherzoso.
Ovviamente Flavio non avrebbe potuto sapere chi fosse la persona che lo aspettava in ufficio, fino a quando non avesse aperto la porta. Purtroppo, non aveva mai valutato l’idea di restaurare l’ufficio, secondo quello che era il suo progetto iniziale. Aveva un progetto e lo aveva chiamato “Spazio Mentale”. L’idea era quella di creare un ambiente unico, aperto che stimolasse la creatività e favorisse la cooperazione tra gli impiegati, ma dopo la morte di Saverio aveva accantonato il progetto poiché aveva preferito restare fuori ed isolato dal mondo. In modo ironico, date le circostanze e gli ultimi avvenimenti, aveva seriamente valutato l’idea di rispolverare quel progetto.
In questo momento aveva una sola certezza: una volta aperta la porta non se ne sarebbe potuto andare e né tantomeno si sarebbe potuto preparare psicologicamente all’incontro con l’interlocutore sconosciuto, se non in un frangente di secondi.
Aprì la porta e vide due figure, di spalle sedute verso la scrivania. Erano un uomo e una donna. L’uomo aveva i capelli brizzolati pettinati in maniera ordinata, un leggero accenno di barba, era vestito con una giacca nera. Avrebbe potuto avere un’età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni, mentre la donna aveva dei capelli nero corvino, a caschetto, tagliati in maniera simmetrica e precisa. Se Flavio non avesse riconosciuto la donna avrebbe sicuramente pensato che indossasse una parrucca. I capelli erano perfetti e soprattutto immobili.
Appena la donna sentì aprire la porta si girò e salutò l’uomo tendendogli la mano.
“Flavio… come stai?” esordì in tono solare e deciso.
“Bene Bene…” disse ricambiando la stretta di mano della donna e salutando l’uomo.
“Piacere Alberto…” disse l’uomo stingendo la mano di Flavio in maniera salda.
Flavio fece il giro della scrivania e si accomodò sulla sua poltrona.
“Allora qual buon vento ti porta qui, hai deciso di aprire una nuova filiale della tua agenzia immobiliare?” disse sorridendo rivolgendo lo sguardo prima alla donna e poi verso l’uomo.
Alberto sorrise portandosi la mano alla bocca, quasi a non voler far trasparire la risata, e a voler lasciare quanto più possibile l’alone di mistero intorno a quella conversazione.
“In realtà siamo qui per lui…” disse la donna posando prima il suo sguardo su Flavio e poi trasportandolo su Alberto, accompagnando il movimento del viso con quello della mano.
Flavio in quel momento sentì un brivido dietro la schiena, si irrigidì come se si trovasse nel bel mezzo di una roulette russa con una pistola puntata contro la tempia. Era in attesa che il colpo venisse sparato.
“Mi candido a sindaco della città durante le prossime elezioni, e ti voglio nella mia squadra.”
Boom..
La pistola sparò il colpo.
Ma nel suo caso non c’era il proiettile, fu sparato solo un colpo a vuoto. La roulette russa era un gioco d’azzardo, o si restava secchi per il proiettile o per l’ansia e la paura. Nel caso di Flavio, fu pervaso da un’ondata mista di paura, ed eccitazione che scatenò una reazione incontrollata e lo costrinse ad alzarsi e ad allontanarsi un attimo dall’ufficio.
La donna non immaginava che una semplice dichiarazione avrebbe potuto scatenare una reazione del genere. In effetti era preparata a questa reazione o ad un totale rifiuto da parte di Flavio. Conosceva l’uomo e sapeva cosa avesse passato specie nell’ultimo anno. Sia lei che suo Alberto erano arrivati lì con poche speranze.
Corse in bagno davanti agli occhi imperterriti della donna e di Alberto e di tutti i suoi dipendenti.
Appena entrato nel bagno si lasciò andare, e dopo aver recuperato il fiato si fermò davanti allo specchio. Rivide il suo sguardo, e in un attimo ripensò a tutto ciò che era stata l’ultima campagna elettorale che aveva affrontato. Ripensò alle nottate nel suo studio, a Gloria, a Saverio, alla loro amicizia, a sua moglie e alla sua famiglia. Pensò anche a tutto il buio e ai disastri che ne erano scaturiti dopo l’elezione di Saverio a sindaco.
Si tolse gli occhiali, mise a fuoco ancora una volta il suo viso e il suo sguardo, si passo una mano nei capelli, scompigliò la capigliatura perfetta, si rinfrescò la faccia e uscì rientrando nel suo ufficio, chiuse la porta e senza nemmeno sedersi disse: “Ok, ci sono!”
I due lo guardarono quasi straniti, ma la donna, che conosceva Flavio aveva capito, in qualche modo, inconsciamente aveva risvegliato qualcosa in lui.
“Quindi è un si!” disse Alberto guardando stranito la donna, quasi incredulo.
“Si!” rispose lei con un velo di commozione, quasi incredula.
“Il tempo passa, la mente tace, scordar di lui non son capace.”
Che voleva dire con questa frase, chi era quel lui, suo marito o l’assassino di suo marito.
Gloria sarebbe stata l’unica in grado di identificare quella persona, ma in quello stato e dopo lo choc, sicuramente nessuno le avrebbe creduto. Molti, per di più, pensavano che lei stessa avesse ucciso il marito, e che la pazzia fosse un modo per poter evitare la galera o il processo.
La dinamica della morte di Saverio era ancora avvolta nel mistero. Gloria avrebbe potuto essere l’assassino, ma anche una persona invisibile, il problema era che non esistevano prove o testimonianze se non nella mente e nei ricordi di Gloria, che ormai sembrava essere completamente andata.
Accompagnato da questi pensieri Flavio rientrò in ufficio. Erano quasi le quattro, alcuni impiegati se ne erano già andati.
Risalendo le scale incontrò Ada che stava scendendo per andare al bar.
“Flavio, hai una sorpresa appena risali.” Disse la donna con voce tranquilla e allegra, quasi a modo di sfottò.
L’uomo si fermò sulle scale, indeciso se continuare a salire o andarsene. Ada colse l’esitazione dell’uomo. Aveva capito che dopo l’incontro di quella mattina e la visita a sua sorella, Flavio non avrebbe retto un altro incontro di lavoro, soprattutto pesante ed invadente.
“Tranquillo, ti piacerà… almeno credo” concluse la donna, mentre scendeva, lasciando dietro di sé la sua voce con un tono quasi scherzoso.
Ovviamente Flavio non avrebbe potuto sapere chi fosse la persona che lo aspettava in ufficio, fino a quando non avesse aperto la porta. Purtroppo, non aveva mai valutato l’idea di restaurare l’ufficio, secondo quello che era il suo progetto iniziale. Aveva un progetto e lo aveva chiamato “Spazio Mentale”. L’idea era quella di creare un ambiente unico, aperto che stimolasse la creatività e favorisse la cooperazione tra gli impiegati, ma dopo la morte di Saverio aveva accantonato il progetto poiché aveva preferito restare fuori ed isolato dal mondo. In modo ironico, date le circostanze e gli ultimi avvenimenti, aveva seriamente valutato l’idea di rispolverare quel progetto.
In questo momento aveva una sola certezza: una volta aperta la porta non se ne sarebbe potuto andare e né tantomeno si sarebbe potuto preparare psicologicamente all’incontro con l’interlocutore sconosciuto, se non in un frangente di secondi.
Aprì la porta e vide due figure, di spalle sedute verso la scrivania. Erano un uomo e una donna. L’uomo aveva i capelli brizzolati pettinati in maniera ordinata, un leggero accenno di barba, era vestito con una giacca nera. Avrebbe potuto avere un’età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni, mentre la donna aveva dei capelli nero corvino, a caschetto, tagliati in maniera simmetrica e precisa. Se Flavio non avesse riconosciuto la donna avrebbe sicuramente pensato che indossasse una parrucca. I capelli erano perfetti e soprattutto immobili.
Appena la donna sentì aprire la porta si girò e salutò l’uomo tendendogli la mano.
“Flavio… come stai?” esordì in tono solare e deciso.
“Bene Bene…” disse ricambiando la stretta di mano della donna e salutando l’uomo.
“Piacere Alberto…” disse l’uomo stingendo la mano di Flavio in maniera salda.
Flavio fece il giro della scrivania e si accomodò sulla sua poltrona.
“Allora qual buon vento ti porta qui, hai deciso di aprire una nuova filiale della tua agenzia immobiliare?” disse sorridendo rivolgendo lo sguardo prima alla donna e poi verso l’uomo.
Alberto sorrise portandosi la mano alla bocca, quasi a non voler far trasparire la risata, e a voler lasciare quanto più possibile l’alone di mistero intorno a quella conversazione.
“In realtà siamo qui per lui…” disse la donna posando prima il suo sguardo su Flavio e poi trasportandolo su Alberto, accompagnando il movimento del viso con quello della mano.
Flavio in quel momento sentì un brivido dietro la schiena, si irrigidì come se si trovasse nel bel mezzo di una roulette russa con una pistola puntata contro la tempia. Era in attesa che il colpo venisse sparato.
“Mi candido a sindaco della città durante le prossime elezioni, e ti voglio nella mia squadra.”
Boom..
La pistola sparò il colpo.
Ma nel suo caso non c’era il proiettile, fu sparato solo un colpo a vuoto. La roulette russa era un gioco d’azzardo, o si restava secchi per il proiettile o per l’ansia e la paura. Nel caso di Flavio, fu pervaso da un’ondata mista di paura, ed eccitazione che scatenò una reazione incontrollata e lo costrinse ad alzarsi e ad allontanarsi un attimo dall’ufficio.
La donna non immaginava che una semplice dichiarazione avrebbe potuto scatenare una reazione del genere. In effetti era preparata a questa reazione o ad un totale rifiuto da parte di Flavio. Conosceva l’uomo e sapeva cosa avesse passato specie nell’ultimo anno. Sia lei che suo Alberto erano arrivati lì con poche speranze.
Corse in bagno davanti agli occhi imperterriti della donna e di Alberto e di tutti i suoi dipendenti.
Appena entrato nel bagno si lasciò andare, e dopo aver recuperato il fiato si fermò davanti allo specchio. Rivide il suo sguardo, e in un attimo ripensò a tutto ciò che era stata l’ultima campagna elettorale che aveva affrontato. Ripensò alle nottate nel suo studio, a Gloria, a Saverio, alla loro amicizia, a sua moglie e alla sua famiglia. Pensò anche a tutto il buio e ai disastri che ne erano scaturiti dopo l’elezione di Saverio a sindaco.
Si tolse gli occhiali, mise a fuoco ancora una volta il suo viso e il suo sguardo, si passo una mano nei capelli, scompigliò la capigliatura perfetta, si rinfrescò la faccia e uscì rientrando nel suo ufficio, chiuse la porta e senza nemmeno sedersi disse: “Ok, ci sono!”
I due lo guardarono quasi straniti, ma la donna, che conosceva Flavio aveva capito, in qualche modo, inconsciamente aveva risvegliato qualcosa in lui.
“Quindi è un si!” disse Alberto guardando stranito la donna, quasi incredulo.
“Si!” rispose lei con un velo di commozione, quasi incredula.